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Nel corso del primo trimestre 2016 le convenzioni notarili per trasferimenti immobiliari a titolo oneroso hanno raggiunto quota 160 mila unità, con un incremento del 18 per cento rispetto a quanto fosse stato possibile riscontrare nel corso dello stesso trimestre del 2015. Pertanto, per il quarto trimestre consecutivo, è cresciuta la mole delle compravendite: a sancirlo è l'Istat, nel suo periodico report, che conferma la ripresa in atto del mercato immobiliare sia per quanto concerne il comparto abitativo e accessori (150 mila trasferimenti di proprietà, per un incremento del 18,6%) sia per quanto concerne i trasferimenti di unità immobiliari ad uso economico (9 mila, 8%).

Boom richiesta mutui

Contemporaneamente al boom dei mutui, viene riscontrata un’ottima crescita delle richieste mutui nel mese di agosto, rilevata dal Barometro CRIF, con più di 88 mila convenzioni erogate, il 29,2% in più rispetto a quanto era stato registrato nel corso dello stesso periodo del 2015. La ripresa dei mutui sembra essere molto più accentuata nelle Isole, con un incremento del 41,7%, davanti al Nord Ovest, con il 31,9% al Sud, 30,7% e al Centro, 28,3%. Per quanto concerne invece la tipologia di città, meglio il trend nelle città metropolitane, 33,5%, rispetto ai piccoli centri, 26%, contro media del 29,2%.

Stando a quanto appare evidente, a spingere gli italiani verso l’investimento immobiliare è anche (ma non solo) un livello relativamente molto basso dei tassi di interesse di riferimento. Peccato che, nonostante gli arretramenti sperimentati, i tassi applicati inItalia continuano ad essere ben superiori alla media europea: a segnalarlo sono Adusbef e Federconsumatori in una recente nota, spiegando come secondo l’ultimo bollettino BCE i tassi applicati sui mutui nel nostro Paese siano pari al 2,51%, contro una media UE del 2,02%. Lo spread è dunque di 0,49 punti percentuali: tradotti in termini assoluti, significa che per un mutuo di 100 mila euro in 20 anni, alla fine del periodo il mutuatario italiano avrà pagato 5.760 euro in più rispetto al collega europeo. Il differenziale si mantiene anche per quanto concerne altre forme di credito: in caso di credito al consumo di 30 mila euro in 3 anni, ad esempio, alla fine del periodo in Italia si saranno pagati 828 euro in più rispetto a quanto non avvenga nel resto dell’area euro…

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