Cessione di immobili e valori da provare

Può capitare, più o meno frequentemente, che una cessione di immobili possa determinare da parte dell'ufficio delle Entrate un'analisi sull'effettivo valore della stessa. In altre parole, il Fisco, sulla bae di valutazioni e in applicazione anche di metodi di comparazione, poteva inviare - in relazione a un atto di trasferimento - un avviso di accertamento al contribuente per il recupero della maggiore imposta di registro, e delle imposte accessorie, sulla base della differenza fra il valore dichiarato in atto e il valore accertato.

Un esempio

Per chiarire quanto sopra con un esempio, ipotizziamo che se la cessione è avvenuta a 100 euro, e l'ufficio delle Entrate di competenza stima il valore del bene a 120 euro, il contribuente può essere raggiunto da un avviso di accertamento finalizzato a garantire una corretta imposizione indiretta, per un importa complementare calcolata su 20 euro, come differenza tra il prezzo di cessione concordato tra le parti, e quello effettivamente congruo secondo l'Agenzia.

A sua volta, al contribuente era riconosciuta la possibilità di attivare un procedimento di adesione e ridurre così il valore accertato, oppure avviare un contenzioso.

Qualche dubbio tra leggi e sentenze

In realtà, quanto sopra non è affatto un atteggiamento omogeneo e ben giustificato. Prima di tutto, la legge 88/2009 UE aveva disposto per l'amministrazione finanziaria l'impossibilità di utilizzare alcune presunzioni, come quelle basate sul "valore normale" per l'imposizione diretta. Successivamente, sempre in riferimento all'imposizione diretta, le Entrate confermarono tale principio (con la risoluzione 18/E/2010) precisando che non era possibile avviare un accertamento in tale ambito per effetto di un mero scostamento tra il corrispettivo dichiarato per la cessione e il valore normale. Invece, per innescare un simile accertamento bisognava supportare lo scostamento con altri elementi presuntivi che fossero idonei a integrare la prova della pretesa, come il valore del mutuo (se di importo superiore a quello della compravendita) o ancora i dati che emergono dalle indagini finanziarie, i prezzi emergenti da ulteriori atti di compravendita sullo stesso immobile, e così via.

Sul fronte giurisprudenziale, invece, la Cassazione ha diverse volte ribadito che il valore normale è insufficiente per poter legittimare un accertamento nell'ambito dell'imposizione diretta, considerando eventuali sproporzioni elevate tra il valore dell'immobile e il corrispettivo, del confronto tra i prezzi indicati nei preliminari e negli atti definitivi, nell'insufficienza del corrispettivo a garantire un utile adeguato, delle dichiarazioni degli acquirenti e altro ancora.