Bene comune non censibile: guida completa per i condomini

Nel mondo condominiale, il termine bene comune non censibile (BCNC) è spesso al centro di discussioni tra condomini e amministratori. Ma cosa significa esattamente? Quali sono questi beni e come si gestiscono? Vediamo nel dettaglio il significato di bene comune non censibile, quali sono i beni inclusi in questa categoria, le questioni di proprietà, le differenze con altre aree condominiali e le modalità di gestione, come la vendita o la variazione.

Cosa significa bene comune non censibile?

Un bene comune non censibile,  come spiegato dalla Circolare N° 2 del 1984, è una parte del condominio che appartiene a tutti i condomini in proporzione alle loro quote millesimali, ma che non è registrata autonomamente al catasto con una propria particella o subalterno. Si tratta di beni essenziali per l’esistenza e l’uso del condominio, come scale, ascensori, cortili o tetti, che non hanno un valore economico indipendente perché non possono essere separati dal contesto condominiale. Il significato di bene comune non censibile si lega quindi alla loro natura indivisibile e funzionale, che li rende indispensabili per il godimento delle unità immobiliari.

Questi beni non possiedono autonoma capacità reddituale, poiché il loro utilizzo è strettamente legato alla struttura condominiale. Ad esempio, il valore di un tetto o di un cortile non può essere calcolato separatamente, ma contribuisce al valore complessivo dell’edificio. Questo aspetto li distingue da altri beni che possono essere frazionati o venduti singolarmente.

Quali sono i beni comuni non censibili?

I beni comuni non censibili includono tutte quelle parti del condominio necessarie per la sua esistenza o per l’uso comune da parte dei condomini. Secondo l’articolo 1117 del Codice Civile italiano, tra questi troviamo:

  • Strutture portanti: muri maestri, fondamenta, tetti.
  • Aree comuni: cortili, scale, pianerottoli, androni.
  • Impianti comuni: ascensori, sistemi di riscaldamento centralizzato, rete idrica o fognaria.
  • Altri spazi: locali per la portineria, lavanderie comuni, o giardini condominiali.

Questi beni sono considerati “non censibili” perché non vengono registrati al catasto con una propria identità, ma sono parte integrante dell’edificio. La loro gestione è regolata dall’assemblea condominiale, che decide su manutenzione, riparazioni o eventuali modifiche, sempre nel rispetto delle maggioranze previste dalla legge.

Proprietà dei beni comuni non censibili

Come anticipato, i beni comuni non censibili di proprietà appartengono a tutti i condomini in proporzione alle loro quote millesimali, salvo che il titolo (come il regolamento condominiale o l’atto di acquisto) disponga diversamente. Ma chi sono i proprietari di un bene comune non censibile? La risposta è chiara: tutti i condomini, in quanto comproprietari dell’edificio, detengono una quota ideale di questi beni. Questo significa che nessuno può rivendicare un diritto esclusivo su un BCNC, come ad esempio appropriarsi di una porzione di cortile per uso personale, senza il consenso unanime degli altri condomini.

La comproprietà implica che le spese di manutenzione e gestione siano suddivise tra i condomini in base ai millesimi, a meno che non si tratti di beni che servono solo una parte del condominio (ad esempio, un ascensore usato solo da alcuni piani). 

Differenza tra area urbana e bene comune non censibile

Spesso si fa confusione tra un’area urbana e un bene comune non censibile. Un’area urbana è un terreno o una superficie registrata al catasto come entità autonoma, spesso priva di costruzioni, che può avere un valore economico indipendente. Al contrario, un BCNC è parte integrante del condominio e non ha una propria identità catastale. Ad esempio, un cortile condominiale è un BCNC perché serve all’uso comune e non è separabile dall’edificio, mentre un terreno adiacente al condominio potrebbe essere un’area urbana se registrata separatamente.

Questa distinzione è cruciale in caso di vendite o trasformazioni: un’area urbana può essere venduta o edificata autonomamente, mentre un BCNC richiede decisioni collegiali e non può essere alienato senza il consenso unanime dei condomini, come vedremo nel prossimo paragrafo.

Come gestire la vendita di un bene comune non censibile

La vendita di un bene comune non censibile è un’operazione complessa. Come si vende un bene comune non censibile? La risposta sta nell’articolo 1118 del Codice Civile: la vendita richiede l’unanimità dei condomini, poiché si tratta di una modifica della destinazione d’uso o della proprietà di una parte essenziale del condominio. Poniamo come esempio un condominio con un grande cortile che decide di venderne una parte per trasformarla in un parcheggio privato. A quel punto sarà necessario il consenso unanime di tutti i condomini e l’atto deve essere formalizzato con un contratto notarile.

Inoltre, la vendita di un BCNC può comportare una variazione delle tabelle millesimali, poiché il valore delle singole unità immobiliari potrebbe cambiare; proprio per questo motivo, il processo richiede l’intervento di un tecnico (geometra o ingegnere) per aggiornare i documenti catastali e condominiali, oltre all’approvazione dell’assemblea.

Variazione di un bene comune non censibile

Un altro aspetto che comporta dubbi è la possibilità di modificare un BCNC: come variare un bene comune non censibile? La variazione può riguardare la destinazione d’uso (ad esempio, trasformare un locale comune in un’area commerciale) o interventi strutturali (come la sopraelevazione di un tetto). Queste modifiche richiedono il consenso unanime dei condomini se alterano la destinazione originaria del bene, oppure una maggioranza qualificata (generalmente i 2/3 dei millesimi) per interventi di manutenzione straordinaria.

Ad esempio, se si vuole trasformare un cortile in un’area giochi, l’assemblea deve approvare il progetto, e potrebbe essere necessario aggiornare il regolamento condominiale.