Case vacanza: una su due è irregolare

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Il mercato delle case vacanze? Una vera e propria giungla in cui è difficile cercare di trovare delle ampie sacche di legalità, e in cui una (purtroppo) buona parte degli operatori finisce con l’affittare la propria seconda casa al di fuori di qualsiasi confine di regolarità. C’è ad esempio chi dichiara di aver affittato a un importo nettamente inferiore a quanto invece concretamente ricevuto, oppure chi incassa tutto in nero, evitando qualsiasi applicazione fiscale.

Un panorama piuttosto noto e ulteriormente reso oggetto di indagine da parte della Guardia di finanza, che durante questa calda estate hanno effettuato continui controlli sui proprietari di seconde e di terze case nelle località balneari, concludendo che in media una casa vacanza su due è stata affittata in maniera irregolare, con buona pace di coloro che invece vogliono rispettare le regole, fiscali e non solo.

Per quanto riguarda una panoramica nazionale della irregolarità, la Puglia sembra essere in grado di condurre questa classifica poco invidiabile, davanti al Lazio e alla Toscana. Una classifica che non sorprende: si tratta infatti di tre regioni evidentemente molto appetibili sotto il profilo turistico, e dunque in grado di costituire un vasto bacino potenziale per tutti coloro che vogliono mettere a frutto la propria seconda casa senza però passare attraverso le maglie fiscali.

Ma chi sono i “colpevoli” di queste sacche di irregolarità? Come facilmente immaginabile, una buona quota di operatori che affitta in nero in tutto o in parte è costituita da proprietari di seconde case che desiderano monetizzare un appartamento che altrimenti sarebbe rimasto sfitto. E che evidentemente cercano di fare il tutto senza ricorrere a nessun tipo di formalizzazione, con uno scambio di prestazioni che avviene al di fuori delle regole fiscali.

Tuttavia, non sfugge nemmeno come a volte a facilitare questo genere di irregolarità siano gli stessi agenti immobiliari: guai a generalizzare (ovviamente), ma i numeri forniti dal dossier nazionale della Guardia di Finanza sembrano suggerire come tali cattive prassi siano ben più estese delle aspettative, anche nei confronti di operatori che - di contro – dovrebbero garantire un più congruo rispetto delle norme.

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