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In attesa della riunione della Banca centrale europea del prossimo 8 dicembre, nella quale si decideranno le sorti dell’attuale strategia di quantitative easing (probabile un allungamento con modifica parziale della struttura), l’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti e le conseguenti attese di politica fiscale espansiva hanno determinato un aumento dei tassi di mercato anche in area euro, principalmente sulle scadenze medio-lunghe.

Per quanto concerne i parametri utilizzati per poter ponderare i tassi di interesse variabili erogati sui mutui-casa-5497">mutui casa, ricordiamo come i tassi Euribor siano per il momento rimasti sostanzialmente invariati e sui livelli dei minimi storici. Tale quadro di tassi Euribor compressi dovrebbe confermarsi anche per i mesi a venire, senza pertanto generare una urgenza nel rialzo.

Per quanto invece riguarda il parametro tradizionalmente assunto per poter calcolare il tasso di interesse fisso sui mutui, i tassi Eurirs hanno invece registrato un significativo rialzo dopo l’elezione di Trump. I livelli restano comunque vicini ai minimi da un anno circa. Si giustifica dunque una preferenza verso l’indebitamento flessibile o a tasso fisso rispetto a quello a tasso variabile, per gli orizzonti temporali medio-lunghi. Gli orizzonti temporali brevi o brevissimi possono invece beneficiare in misura più significativa di un prolungato periodo di tassi Euribor o BCE a livelli minimi. Nell’ambito dei tassi fissi, permane ancora una preferenza relativa sulle scadenze extra-lunghe (30 e 40 anni) e sul decennale.

Alla luce di quanto sopra, è molto probabile che anche nel corso dei prossimi mesi, che dovrebbero confermare un attuale livello dei tassi di interesse di riferimento, le preferenze dei mutuatari italiani andranno a concentrarsi nei confronti di un indebitamento a tasso di interesse fisso, che sembra poter rispecchiare in misura più incisiva la preferenza dei cittadini tricolori a “congelare” il costo della propria operazione di finanziamento, soprattutto di lungo o lunghissimo termine, sottraendola così alla volatilità tipica dei tassi di interesse variabile nelle fasi di ripresa economica.

Per quanto concerne invece le operazioni di indebitamento a breve o brevissimo termine, potrebbe essere confermata ulteriormente la maggiore convenienza di un indebitamento a tasso di interesse variabile. L’orizzonte temporale che potrebbe suscitare una maggiore preferenza verso il tasso fisso sembra per il momento rappresentato dalle operazioni di indebitamento superiori ai 5-7 anni: un arco temporale sufficiente per poter far ripartire i tassi di interesse variabili e, dunque, compensare l’attuale gap esistente con i colleghi fissi.

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